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Sciacuddhi



Sciacuddhi

Siamo in Grecìa salentina, un’isola linguistica ellenofona nella zona del Salento. Ma chi è questo Sciacuddhi? È una vera e propria maschera popolare appartenente al folklore locale, conosciuto con tantissimi altri soprannomi, tra cui Laurieddhu, Scazzamurieddhu e Monaceddhu (quest’ultimo mi ricorda tantissimo, per un’ovvia assonanza, il famoso “Munaciello” napoletano).


Il suo aspetto è quello di un piccolo folletto, peloso e soprattutto, pare, molto dispettoso. Normalmente è vestito di panno con un berretto a punta, e il più delle volte va in giro scalzo. Forse è per questo che, secondo le leggende, si dice sia molto riconoscente nei confronti di chi gli regala un paio di scarpe, ricambiando il gesto con un mucchietto di monete.


Irriverente e giocherellone, è una spina nel fianco per chi possiede fattorie e animali: il folletto, appartenente alla stessa famiglia degli elfi e simili, ha l’abilità di intrecciare le code dei cavalli creando nodi difficili da districare, fa irrancidire il latte e blocca la cova delle uova delle galline.


Tuttavia, egli pare non essere irriverente solo nei confronti degli animali, anzi! Ancora oggi, nelle case delle nonne, se accade qualche imprevisto è sicuramente colpa dello Sciacuddhi. Quali sono i suoi dispetti più frequenti? Ebbene, questo piccolo esserino farebbe sparire gli oggetti, cadere le pentole, bruciare i cibi o li renderebbe troppo salati. Inoltre, muovendosi e agendo principalmente di notte, sembra abbia il vizio di appoggiarsi sul petto delle persone mentre dormono, facendo mancare loro il respiro per pochi istanti. C’è però una soluzione per opporsi a tali marachelle: secondo la leggenda bisogna essere lesti a sfilare il berretto dal capo dello Sciacuddhi, cappello a cui egli è molto affezionato, e stando attenti a non guardare negli occhi il piccolo birbante. Pur di riavere il suo copricapo, è disposto ad accontentare i desideri espressi, purché essi vengano formulati al contrario. Infatti, per non venire meno alla sua fama provocatoria, il folletto tende ad esaudire i desideri in maniera inversa: per cui, se si vogliono ottenere oggetti di valore, il segreto è chiedergli pietre o cianfrusaglie.


Un’altra ipotesi sulla loro natura è stata formulata dallo storico De Simone: secondo lo studioso questi esserini magici venivano considerati le anime degli antenati di una famiglia, che ritornavano quindi in una specifica casa al fine di proteggere i propri eredi. Stando alla versione leccese, tali elfi, noti anche col nome di Laurieddhi, come detto all’inizio, sono gli spiriti dei bambini venuti a mancare di morte prematura, che restano nell’abitazione per aiutare i familiari e facendo trovare caramelle nelle culle dei bambini. Anche l’etimologia del nome è affascinante: secondo gli studiosi in “Laurieddhu” vi sarebbe addirittura la radice di “Lares”, le divinità domestiche degli antichi romani, spiriti benevoli e protettivi.


Secondo i racconti popolari, lo Sciacuddhi è stato usato a lungo in passato con i bambini che non volevano sapere di addormentarsi. Veniva detto loro di mettersi a letto senza tirare fuori la testa dalle coperte, se non volevano essere vittime di questo discolo spiritello che si intrufolava nelle case di notte, calandosi giù dal camino. In ogni modo, sebbene abbia spaventato parecchi bambini durante la loro infanzia, lo Sciacuddhi non è cattivo: tende anzi ad aiutare le brave persone e a infierire maggiormente su chi si comporta male. Attualmente vi sono delle vere e proprie operazioni di “recupero” inerenti questa affascinante figura e tutto ciò che vi ruota intorno, un vero e proprio patrimonio culturale composto da tradizioni, folklore e curiosità linguistiche e non.



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