Palazzo Penne
- Grazia Manfellotto
- 3 giorni fa
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Ci troviamo a Napoli, in pieno centro storico, nei pressi del largo Banchi Nuovi. Qui, nella Piazzetta Teodoro Monticelli, è possibile trovare Palazzo Penne, l'imponente e suggestivo edificio protagonista del pezzo di oggi. La sua costruzione risale al 1406, come confermato anche dall'epigrafe sulla parte superiore del portone, e fu richiesta da Antonio Penne (o Antonio de Penne), segretario del re di Napoli Ladislao di Durazzo. Il progettista che probabilmente partecipò alla sua edificazione fu Antonio Baboccio da Piperno, il quale fu autore, in seguito, anche del sepolcro del potente segretario reale, presente nella Basilica di Santa Chiara.
La costruzione è un vero e proprio gioiellino artistico e architettonico: sulla facciata troviamo sia elementi catalani (tra i quali il portale ad arco ribassato) che toscani (le bugne che ricoprono la superficie esterna). L'edificio ha mantenuto il portone originale, e negli angoli superiori di esso troviamo lo stemma della famiglia Penne: una piuma, probabilmente (oltre che per il nome) anche in virtù del ruolo che Antonio Penne ricopriva per il Re. Tale portone è circondato da un nastro che reca incisa una frase latina ispirata a un epigramma di Marziale: "QUI DUCIS VULTUS NEC ASPICIS ISTA LIBENTER OMNIBUS INVIDEAS IN-VIDE NEMO TIBI"; la traduzione italiana di tale enunciato è: "tu che giri la testa, o invidioso, e non guardi volentieri questo (palazzo), possa di tutti essere invidioso, nessuno (lo è) di te".
Ciò ci porta a pensare che probabilmente il giovane burocrate fosse ben consapevole della bellezza peculiare del palazzo, il quale effettivamente presentava una struttura maestosa, ospitando nel suo cortile interno -pare- ben sedici scuderie, nonché un portico abbellito da numerose sculture. Alla morte del segretario le sorti del palazzo sono sempre state varie e movimentate: tra i suoi proprietari si sono succedute infatti diverse famiglie nobili, tra cui quella dei Capano, il cui ultimo erede Marco Antonio lo perdette in seguito a debiti di gioco. Nel 1860 circa divenne poi proprietà dei Padri Somaschi, che possedevano anche la chiesa adiacente dei SS. Demetrio e Bonifacio; successivamente, il palazzo fu messo in vendita, e all'Ordine ormai soppresso dei Padri Somaschi subentrò l'abate Teodoro Monticelli, famoso vulcanologo che rese Palazzo Penne un museo di mineralogia molto celebre tra gli studiosi dell'epoca.
Tuttavia, ciò che rende il Palazzo "degno" di un pezzo sulla pagina è l'altro suo nome: l'edificio è noto infatti come "Palazzo di Belzebù" o "Palazzo del Diavolo", proprio in virtù della leggenda sul suo conto. Pare infatti che Antonio, il facoltoso segretario della famiglia Penne, fosse perdutamente innamorato di una bellissima giovane, la quale era già corteggiata da numerosi spasimanti. In seguito alla richiesta di matrimonio da parte di Antonio, la ragazza decise che lo avrebbe sposato solo a patto che egli avesse costruito un intero palazzo in una notte sola, come pegno e simbolo di cotanto amore. Il funzionario accettò, decidendo di scomodare addirittura il Demonio per far sì che quest'ultimo lo aiutasse nell'impresa, e legalizzando il patto con la stesura di un contratto, che prevedeva ovviamente la cessione dell'anima del giovane a Satana. L'impresa riuscì: l'edificio fu eretto, ma al momento della riscossione dell'anima fu svelata la singolare clausola posta nel documento: Antonio avrebbe ceduto la sua anima al Diavolo, a patto che egli fosse riuscito a contare tutti i chicchi di grano sparsi nel cortile del palazzo. Belzebù non aveva però fatto i conti con la furbizia del burocrate: il ragazzo aveva infatti cosparso di pece i chicchi, rendendone impossibile il conteggio esatto. Avendo capito di essere stato ingannato, Satana provò a reclamare, ma il Penne si fece il segno della croce, e una voragine, un profondo pozzo, si aprì nel cortile del Palazzo, facendovi precipitare il Diavolo e imprigionandolo.
Coloro che credono a questo suggestivo racconto popolare riescono così a spiegare le numerose peripezie dello stabile, nonché l'attuale stato di abbandono in cui versa l'edificio, che in tanti anni, nonostante i numerosi passaggi di proprietà, purtroppo non è mai stato ristrutturato né valorizzato come meriterebbe. Il progetto più recente lo vorrebbe sede della Casa dell'Architettura e del Design, ma al momento è dunque chiuso al pubblico, e sfortunatamente non è possibile visitare il cortile né intravedere qualcosa, anche provando a spiare tra le fessure del portone (come ho fatto io!).
Qualora vi trovaste a passare per la città, vi consiglio ugualmente di passare a vederlo: il luogo emana un fascino oscuro e un'energia enigmatica. Ovviamente, sarebbe comunque molto interessante poter vedere con i propri occhi il sopracitato pozzo, e immaginarsi come sia andata a finire l'intera vicenda. A tal proposito, pare vi siano due versioni: una dice che, nonostante lo sforzo immane di Antonio Penne, la ragazza infine si rifiutò di sposarlo; secondo l'altra, i due giovani riuscirono a celebrare il loro matrimonio, ma il giorno delle nozze il Diavolo si presentò alla cerimonia per ottenere ciò che gli era stato promesso…
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