La Strega di Nave
- Alla scoperta del mito
- 23 ore fa
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Protagonista di questa storia ambientata in Valle Trompia, in provincia di Brescia, è Benvegnuda detta Pincinella (dal cognome del marito, che in alcune versioni diventa Piccinelli).
Originaria di Nave, Benvegnuda fu una delle poche donne della zona del bresciano a essere processata e condannata al rogo per stregoneria.
Secondo la logica dell'epoca, Pincinella era rea di essere una donna eccentrica, molto intelligente e con un'abilità innata nel curare le persone.
In tantissimi si rivolgevano a lei per trovare rimedio a ogni sorta di malanno, ma anche per ricevere consigli sulla vita coniugale, e Benvegnura riusciva quasi sempre ad aiutare chiunque bussasse alla sua porta.
La strada che la porterà alla condanna iniziò nel 1509, quando le fecero visita dei servi di Sebastiano Giustiniani, podestà di Brescia.
La figlia del Giustiniani era molto ammalata e rifiutava di mangiare, cosa che secondo i dettami dell'epoca era sinonimo dell'essere afflitto da fattura.
Per annullare l'influsso malefico, Benvegnuda iniziò a utilizzare decotti e cataplasmi a base di erbe, applicandoli sul corpo della giovane mentre recitava preghiere e formule.
La ragazza guarì, e paradossalmente la guarigione della giovane fu la rovina di Benvegnuda.
Venne costretta a indossare la "veste dell'infamante", un abito nero ornato di croci rosse, e al domicilio forzato, tranne che per i giorni di festa, quando la donna avrebbe avuto l'obbligo di chiedere scusa e perdono al di fuori del Duomo.
In seguito il suo caso venne riesaminato dall'inquisizione romana, e nel 1518 Benvegnuda fu arrestata e interrogata.
Proprio durante l'interrogatorio, probabilmente sotto minaccia o l’azione della tortura, Pincinella confessa di aver avuto rapporti sessuali con un certo Zulian, un diavolo che da tredici anni le sta nascosto nella gamba e le dà infallibili consigli, e di aver partecipato a feste ogni giovedì sera in compagnia di questo Zulian. Ed è a questo punto che la storia di Pincinella ci mostra il labile confine tra religiosità popolare e eresia.
Zulian ricorda, per certi versi, San Giuliano, il santo ospedaliere, protettore di malati e guaritori mentre le feste descritte da Pincinella, e interpretate dagli inquisitori come Sabba, potrebbero essere state feste popolari, particolarmente licenziose ma verosimili.
Benvegnuda venne condannata al rogo con l'accusa di stregoneria, e il patibolo venne allestito in Piazza Loggia, nei pressi della colonna che recava in cima il leone di San Marco.
Le sue ceneri vennero poi raccolte e poste insieme a quelle di altre eretrici nella chiesa di San Giorgio, in Contrada Santa Chiara, oggi sconsacrata e utilizzata per celebrare le cerimonie civili.
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