Il lago d'Averno
- Grazia Manfellotto
- 3 giorni fa
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Nato circa 4mila anni fa all'interno di un cratere vulcanico spento, in seguito a uno dei periodi di maggiore attività dei Campi Flegrei, la sua fama è altresì legata alla grande importanza che l'intero territorio flegreo acquistò durante il periodo romano.
In particolare, durante il regno di Augusto, il lago d'Averno diventò una delle basi navali più importanti dell'epoca. In quel periodo infatti il lago era in realtà un porto: fu chiamato Portus Iulius in onore di Ottaviano Augusto, ed era collegato al Lucrino da un canale navigabile e numerosi tunnel interrati che consentivano ai soldati di spostarsi con facilità.
Di questi tunnel resta oggi la Grotta di Cocceio, scavata dai Romani per collegare il Lago a Cuma, purtroppo non visitabile. Nonostante tali interventi architettonici, già nel IV secolo il luogo fu abbandonato, a causa dei bradisismi che colpivano frequentemente la zona. L'intero progetto fu riscoperto per puro caso solo negli anni '50 del Novecento, in seguito ad alcune fotografie aeree che mostrarono la storia dimenticata di questo posto.
Le sue origini, e la sua importanza durante l'epoca sopracitata, ci fanno capire perché sul suo conto siano nate così tante storie intrise di fascino e mistero. Già a partire dal nome, infatti, il Lago d'Averno fa capire perché suscitasse così tanto timore negli abitanti dell'epoca: esso deriva dal greco "aornòs", ossia "senza uccelli". Infatti, a causa delle esalazioni sulfuree provenienti dal suolo nessun volatile osava sorvolare lo specchio d'acqua, e quei pochi che osavano avvicinarsi morivano a causa delle emissioni solforose. Questo fenomeno diventava ancora più stridente se confrontato con la popolosa vivacità delle zone circostanti, ed è da qui che nacque la leggenda del Lago d'Averno come luogo oscuro, sinistro, addirittura come la porta di ingresso degli Inferi.
La suggestione che circonda questo luogo pare affascinò persino Galileo Galilei, il quale, in seguito a lunghe ricerche e numerosi calcoli, stabilì che la porta dell'Inferno Dantesco dovesse trovarsi proprio lì, e che la selva a cui faceva riferimento il Sommo nella sua Divina Commedia fosse proprio la macchia boschiva circostante, fino ad arrivare alla Solfatara di Pozzuoli.
Tuttavia, Dante Alighieri non è l'unico ad attribuire tale fama minacciosa al luogo. Dello stesso pensiero furono infatti anche altri letterati, in epoche diverse, quali Virgilio, Leopardi, e Torquato Tasso.
Virgilio in particolare fa capire come questo lago fosse caro a tante figure mitologiche greche e romane: Apollo, Persefone, i Dioscuri, e i resti dei templi nei dintorni lo confermano. Il poeta cita apertamente il Lago in un passo dell'Eneide: una volta giunto sul luogo, Enea chiede alla Sibilla il permesso per scendere negli Inferi, nel Regno di Ade, per poter incontrare il padre Anchise. Per tornare sano e salvo, l'eroe avrebbe dovuto recuperare un ramo d'Oro. Gli studiosi credono che tale ramo sia individuabile con la pianta del vischio, la quale, una volta recisa, assumerebbe una colorazione dorata. In aggiunta, la sua particolare forma a Y richiamerebbe la Forcella, stemma e nome di uno dei Sedili (oggi quartiere omonimo) di Napoli. Avrebbe altresì un significato metaforico, un crocevia morale: da un lato la virtù, dall'altra il vizio. Tale credenza sarebbe in seguito stata assimilata dalla religione cristiana, nell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male.
Il Lago d'Averno sarebbe stato anche terreno di una delle battaglie più celebri della mitologia greco-romana: lo Scontro tra Zeus e i Titani. In seguito alla sconfitta, i Titani furono scagliati da Zeus nel Tartaro, creando così una delle porte di ingresso per l'Ade.
Persino Annibale pare aver celebrato dei sacrifici dedicandoli a Plutone ed Ecate, divinità del Lago, per aggiudicarsi la vittoria delle battaglie delle Guerre Puniche.
Il Lago è protagonista anche di un altro mito, stavolta legato al mondo nordico e alla tradizione celtica: il Mito della Fata Morgana. Secondo la cultura siciliana la Fata viveva in castelli fluttuanti sulle acque, attirando così gli uomini e invitandoli a tuffarsi in acqua per poi lasciarli annegare. Tuttavia, nel 1833 il Marchese Giuseppe Ruffo raccontò di aver visto scomparire improvvisamente e davanti ai suoi occhi, durante una battuta di caccia, lo specchio d'acqua, sostituito da una pianura verdeggiante. Ricordando le leggende siciliane giunse così alla conclusione che la creatura magica appartenente al Ciclo Arturiano avesse deciso di abitare proprio sulle acque del lago. Oggi sappiamo che tale "sortilegio" è in realtà un'illusione ottica, la quale si verifica quando dell'aria calda incontra dell'aria fredda, dando vita a una sorta di lente di rifrazione che distorce e deforma gli oggetti.
Ancora oggi il Lago d'Averno resta un luogo magico e suggestivo, pieno di Storia: passeggiando sulle sue sponde si ritrovano (come accennato all'inizio) i resti del Tempio di Apollo, e poco distante è possibile trovare l'Antro della Sibilla Cumana, situato nel Parco Archeologico di Cuma, all'interno dei Campi Flegrei. Nel visitarli è immediatamente comprensibile il fascino che questo posto ha esercitato su chiunque abbia avuto la possibilità di addentrarsi.
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