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Il Drago di Montefusco


Drago di Montefusco

Se vi dico "drago" qual è la prima cosa che vi viene in mente? Non so voi, ma alla sottoscritta parte immediatamente e a tutto volume la sigla de "ll Trono di Spade" nel cervello, con tanto di Daenerys Targaryen che incita Drogon. Ma stavolta no: stavolta stupiremo anche George R.R. Martin, e faremo tappa a... Montefusco, in Irpinia.


Siamo nei primi decenni del XV secolo, più precisamente nel 1421. Nel bosco Perrotta, una frazione del beneventano, transitavano quasi quotidianamente carovane con a bordo mercanti in transito per affari. Tali viandanti erano però consapevoli di sfidare ogni giorno la morte: infatti, secondo la leggenda che ci accingiamo a raccontare, pare che il bosco fosse infestato da un temibile e ferocissimo drago, che non esitava a fare strage di tutti gli esseri umani che incontrava sul suo cammino.


Sfortunatamente, un giorno tra le vittime del crudele mostro vi fu anche il cugino di Antonello Castiglione, signore di Montefusco. Il cavaliere, in preda alla collera per il lutto subìto e pieno di rabbia nei confronti di tale creatura che la faceva da padrone nei suoi territori, decise di mettersi in viaggio per sconfiggerla e liberare la popolazione da tale terrore. Così, dopo un estenuante addestramento per affrontare la bestia, partì per questa sua impresa, supportato dal resto del popolo che vedeva in quell'uomo nobile e valoroso la sua ultima speranza.


Quando Antonello decise di affrontare il drago era il 15 giugno del 1421, data destinata a diventare significativa per gli abitanti di Montefusco. La battaglia fu durissima e cruenta fin dal primo istante; la mostruosa creatura sembrava imbattibile, e lo scontro durò per ore. Il nobile Castiglione fu pesantemente indebolito non solo dalle ferite inferte dal drago, ma anche dalle esalazioni venefiche che il mostro emetteva dalle sue gigantesche narici. Proprio quando era ormai esausto e sul punto di arrendersi, l'impavido cavaliere sentì suonare le campane della Chiesa di San Francesco, e ricordò che quel giorno ricorreva la festa di San Vito. Rivolgendo un'accorata preghiera al Santo, chiese un'ultima infusione di forza per sconfiggere la bestia malvagia. Le sue suppliche furono ascoltate: riuscì a infliggere il colpo di grazia al drago, vendicando così suo cugino e liberando gli abitanti della sua terra grazie al suo valore.


La carcassa del drago (anche se alcune versioni della leggenda parlano solo della testa o della pelle) fu esposta a Montefusco e pare addirittura trasportata fino a Napoli, affinché nessuno potesse mai dimenticare tali incredibili gesta. Purtroppo, poco tempo dopo Antonello Castiglione morì a causa delle inalazioni velenose emanate dalla creatura durante la battaglia, e il suo corpo fu seppellito proprio nella Chiesa di San Francesco.


La particolarità di tale leggenda consiste nel fatto che la storia contiene una parte di verità. Esiste infatti un vero e proprio corpus di documenti che narrano di questo violento scontro contro una belva feroce vinto dal Castiglione, conservati sia negli archivi delle chiese di San Francesco e San Giovanni del Vaglio di Montefusco, nonché presso la Biblioteca Arcivescovile di Benevento. Inoltre, fino al XIX secolo, il 15 giugno, giorno della terribile battaglia finale, era solita tenersi una processione che attraversava l'intero paese di Montefusco per ricordare tale avvenimento.


Al netto della componente fantastica, c'è da considerare che i boschi dell'Irpinia, soprattutto in passato, erano popolati da animali selvatici tra cui orsi, cinghiali e lupi. È possibile che uno di questi animali, di taglia probabilmente più grande rispetto alla media, abbia alimentato la leggenda, venendo visto addirittura come un drago dagli occhi della fantasia e dell'immaginazione popolare.


A questo va aggiunta la visione occidentale del drago, considerato spesso come emblema di distruzione e pericolo, nonché come incarnazione di aspetti oscuri dell'essere umano, talvolta addirittura come simbolo del diavolo.


Alla luce di questi dettagli, ecco che la leggenda non è più "solo" un semplice racconto popolare, ma diviene metafora della vittoria del Bene sul Male, del riscatto del Coraggio e della propria Luce interiore a dispetto della Paura e delle zone d'ombra che si annidano in ognuno di noi.

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