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Guerre Greco-Persiane (6) - La battaglia delle Termopili



Termopili

L'impero persiano venne sconfitto dai greci nella battaglia di Maratona, ma l'imperatore Dario bramava vendetta e iniziò ad assemblare il più grande esercito mai visto al mondo.


Rivolte interne all'impero però rimandarono i piani di Dario, che nel frattempo morì. Suo figlio Serse assunse il potere, e dopo aver sedato le ribellioni era deciso a portare avanti il piano che il padre progettava da ben dieci anni.


Sotto il comando di Serse venne creato un enorme ponte navale che connetteva l'Asia all'Europa, per far sì che l'enorme esercito persiano potesse attraversare senza problemi lo Stretto dei Dardanelli.


Nel frattempo i Greci si riunirono nella città di Corinto, e cercarono di stabilire una linea comune per difendersi dall'imminente attacco.


Gli ateniesi, guidati da Temistocle, avrebbero usato la loro potente flotta per fronteggiare i Persiani in mare, mentre Leonida, re di Sparta, avrebbe guidato le truppe di terra cercando di fermare i Persiani al cancello naturale delle Termopili.


La città di Sparta era però impegnata in una delle sue Carnee (proprio come durante la battaglia di Maratona), e ogni attività bellica era proibita durante quell'evento.


Leonida si recò anche da un oracolo, che gli disse che il sacrificio di un legittimo erede al trono di Ercole avrebbe potuto impedire la furia dei figli di Perseo.


Erodoto ci dice che Leonida, dopo aver appreso il vaticinio, fosse convinto di andare incontro a morte certa insieme a tutte le sue truppe, perciò scelse solo gli Spartiati che avevano figli in modo da assicurare continuità alle stirpi.


Prese con se 299 uomini della guardia del corpo reale, e si proponeva di raggruppare il maggior numero possibile di soldati greci durante la marcia.


Verso le Termopili la divisione spartana arrivò a contare più di settemila soldati quando giunse alla parte più stretta, detta "porta di mezzo".


Intanto l'armata persiana avanzava con oltre trecentomila soldati.


Dopo essersi accampato, Serse inviò un emissario per negoziare con Leonida: ai Greci venne offerta la libertà, il titolo di "amici del popolo persiano" e terre più grandi e più fertili di quelle che già possedevano.


Quando Leonida rifiutò la proposta, l'ambasciatore chiese perentoriamente di gettare le armi. Richiesta alla quale pare che il re abbia risposto: "Vengano a prenderle loro".


Incredulo per la risposta, Serse lasciò passare quattro giorni in attesa che i Greci si ritirassero; al quinto giorno, la loro permanenza gli sembrò un atto di insolenza, e ordinò l'inizio della battaglia.


La cavalleria e gli arcieri persiani furono praticamente inutili, neutralizzati dalle lance e dagli scudi delle Falangi greche. I Persiani non ebbero quindi altra alternativa che mandare la fanteria in avanscoperta per un combattimento uomo contro uomo.


Le Falangi continuavano imperterrite il loro lavoro, e i Greci stavano nettamente avendo la meglio anche nel secondo giorno di battaglia. Serse allora fermò l'assalto e si ritirò nel suo campo, perplesso e umiliato da una manciata di Greci.


A quel punto arrivò la svolta della battaglia.


Un greco di nome Efialte, spinto dal desiderio di ricompensa, tradì la sua patria. Informò Serse dell'esistenza di un sentiero di montagna che aggirava le Termopili e si offrì come guida per l'esercito persiano.


Realizzando l'imminente accerchiamento, Leonida ordinò la ritirata alla maggior parte delle restanti truppe greche.


Per la battaglia finale sarebbero rimasti lì solo lui con i suoi fedeli soldati spartani, obbedendo alle leggi di Sparta che vietavano la ritirata.


Inoltre, un contingente di settecento Tespiesi guidati dal loro generale Demofilo rifiutò di andarsene con gli altri Greci e rimase a combattere.


I Greci combatterono con valore, ma l'esito della battaglia era ormai segnato.


Finita la battaglia il corpo di Leonida fu recuperato dai militari dell'esercito persiano e Serse, infuriato, ordinò di tagliargli la testa e di piantarla su un palo.


La battaglia delle Termopili costò ai Greci uomini e risorse, ma diede agli ateniesi sette giorni per prepararsi al successivo scontro.



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