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Guerre Greco-Persiane (5) - La battaglia di Maratona



Battaglia di Maratona

Dopo aver conquistato le colonie greche in Asia Minore, i Persiani mobilitarono un enorme esercito e partirono verso le Grecia, in direzione Atene.


Tra loro era presente anche Ippia, un tempo tiranno di Atene poi esiliato, al quale venne promesso il comando della regione in caso di vittoria persiana.


L'uomo guidò quindi le truppe persiane fino alla pianura di Maratona, a pochi km da Atene.


Col nemico alle porte, un messaggero di nome Filippide fu mandato da Atene a Sparta per chiedere appoggio in vista della battaglia contro i Persiani, e l'uomo percorse questo tragitto di più di 225 km in un solo giorno.


Gli Spartani stavano però festeggiando una delle loro Carnee, e risposero che avrebbero potuto mandare rinforzi solo dopo dieci giorni, alla fine dei festeggiamenti.


Guidati dal generale Milziade, circa diecimila greci si misero in marcia verso i campi di Maratona. Il generale posizionò l'esercito in cima a una collina, e da lì poterono notare l'enormità dell'esercito persiano, formato da oltre cinquantamila uomini.


I Greci decisero quindi di restare sulla collina e rimandare la battaglia il più possibile, in attesa dei rinforzi da Sparta.


Dopo qualche giorno di calma piatta, i Persiani decisero però di agire. Divisero il loro esercito in due, e più di ventimila uomini si reimbarcarono sulle navi.


Il piano dei Persiani consisteva nel tenere occupato lì l'esercito ateniese, mentre nel frattempo le navi si sarebbero dirette verso l'indifesa Atene.


In città erano infatti rimasti solo bambini, donne e anziani, ai quali venne dato l'ordine di suicidarsi in caso di attacco persiano.


Milziade si accorse di questa mossa, ma si accorse anche che l'intera cavalleria persiana si era allontanata dal campo di battaglia, e capì che quello era il momento di attaccare. La strategia adottata dal generale era tanto innovativa quanto rischiosa. Decise infatti di rinforzare solo i fianchi del suo esercito, lasciando la parte più debole al centro. Sperava così di colpire di sorpresa ai fianchi l'esercito persiano fino ad accerchiarlo.


Milziade diede inoltre un altro ordine davvero poco comune.


Ordinò alla Falange centrale di dispiegarsi a soli cento metri dal nemico e di iniziare a correre il più veloce possibile verso questo.


I Persiani furono spiazzati dalla mossa; mai prima d'ora si era vista una Falange aprirsi e iniziare a correre.


Ora gli eserciti erano faccia a faccia e la battaglia finalmente iniziò.


La lotta uomo contro uomo fu molto intensa. Sulle prime l'esercito greco riuscì a contenere i Persiani, ma dato l'alto numero di questi ultimi, alla fine il centro della formazione iniziò ad arrendersi e arretrare.


Il generale persiano Dati notò la cosa, e ordinò ai suoi di incalzare al centro.


Sui lati della battaglia la situazione era però diametralmente opposta. I Greci ebbero quasi subito la meglio e iniziarono a convergere verso il centro, attaccando in questo modo i Persiani da tre lati differenti.


I soldati persiani si fecero prendere dal panico, la battaglia praticamente vinta era diventata a tutti gli effetti un massacro. I Persiani caddero a migliaia, e la ritirata era l'unica via di fuga. Gli invasori corsero disperatamente alle navi e la vittoria greca fu definitiva.


C'erano però ancora le navi dirette verso Atene da fermare.


Milziade ricordò l'ordine dato ai cittadini, e temendo che le navi persiane giungessero prima di loro in città, mandò Filippide ad Atene per riferire della vittoria, e dell'imminente ritorno in città dell'esercito.


L'uomo percorse il più velocemente possibile i quarantadue km che lo separavano dalla città, e dopo aver urlato all'intero popolo riguardo la vittoria, crollò a terra e morì per lo sforzo.


Quando i Persiani arrivarono al porto di Atene si trovarono davanti l'esercito di Milziade praticamente senza perdite. Durante la battaglia di Maratona erano infatti morti oltre seimila persiani, ma solo centonovantadue greci.


I Persiani decisero quindi di non attraccare e di tornare indietro, onde evitare una sconfitta certa.


Gli Spartani arrivarono solo qualche giorno dopo, e non poterono far altro che constatare la straordinaria vittoria ateniese.



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